Cosa abbiamo imparato da questi mesi di “smart working”

Quello che abbiamo imparato è che sappiamo poco del lavoro a distanza. Ma lo stiamo apprendendo giorno dopo giorno: la confusione terminologica e l’imposizione emergenziale di una forma di lavoro da casa, che ci siamo azzardati a chiamare smartworking, sta lasciando conseguenze importanti.

Primo: la cultura aziendale che sta alla base del lavoro agile è basata sulla fiducia. L’ambiente delle grandi aziende multinazionali è focalizzato sulla fiducia per forza, quello delle imprese nostrane, piccole e medie, è più spostato sul controllo. In questa fase però l’imprenditore ha avuto modo di osservare (speriamo anche di capire in maniera definitiva!) che l’autoresponsabilità dei singoli, elemento base della fiducia, ha contribuito a non fermare parti essenziali del processo produttivo. L’Inail ha recentemente pubblicato sul proprio sito un’analisi sul lavoro agile https://www.inail.it/cs/internet/docs/alg-pubbl-lavoro-agile-in-siruazioni-emergenziali.pdf segnalando tra l’altro come “la gestione del lavoro a distanza nel periodo della pandemia, ha anche rappresentato, per molti lavoratori, la possibilità per sperimentare forme di condivisione degli strumenti di lavoro assimilabili al “coworking tra individui responsabili della propria attività, autonomi, di diversa età, trasformando l’ambiente domestico-lavorativo in un maker space”, un vero e proprio spazio del “fare” in cui la condivisione delle competenze e conoscenze è andata oltre la richiesta proveniente dal datore di lavoro.

Secondo: per la maggior parte delle aziende mancano le competenze su come gestire un team a distanza (fonte Survey condotta da Choralia ). Chi ha gestito in passato teams delocalizzati sa bene che per mantenere costantemente elevato il livello di engagement e di performance è necessario lavorare molto sulla comunicazione, la condivisione, la presenza e la rapidità di risposte. Chi non ha fatto questa esperienza si trova ad improvvisare, con conseguenze sulle aspettative dei collaboratori. Con lo stesso spirito di condivisione della fase emergenziale, imparare dall’esperienza di chi ha già sperimentato la gestione di team a distanza può essere fondamentale oggi. Impariamo da chi sa fare e non solo da chi sa.

Terza conseguenza: non tutti hanno apprezzato questa forma di lavoro e alcuni vogliono tornare in fretta alla normalità dell’ufficio, con scrivania e sedia. Chi invece vuole continuare a lavorare così, sta cominciando a richiedere appartamenti più grandi, così come segnalato sul https://www.corriere.it/economia/lavoro/20_giugno_23/tentazione-aziende-smartworking-ridurre-costi-bff1c77c-b53b-11ea-b746-d1aa0702042a.shtml da Mario Breglia di Scenari Immobiliari. Imparermo a lavorare con team misti a semi-distanza, dove l’interazione tra persone sarà un po’ digitale e un po’ reale. E nella negoziazione per i prossimi accordi che prevedano forme di lavoro a distanza, il risparmio di costi per aziende e collaboratori avranno un grande impatto.

Il cambiamento non si può fermare.

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