IL CANDIDATO PERFETTO

Tutti lo cercano, tutti lo desiderano, tutti lo chiedono. Beh voglio dirvi una cosa che potrebbe indisporvi.

Non esiste. Il candidato perfetto non esiste.

La spasmodica ricerca della persona che sa fare tutto, che è brava in tutto e che ha tutte le conoscenze in tutti i campi di nostro interesse non solo è inutile ma anche dannosa.

Partiamo da un presupposto: il motivo per il quale ho deciso di scrivere questo piccolo pezzo.

E’ norma comune pensare che la nuova persona che lavorerà con e per noi debba essere già performante ancora prima che effettivamente inizi a lavorare.

Ho sempre trovato questo “desiderio” un poco illogico, più che altro perché per quanto le cose da fare siano sempre quelle, il modo in cui queste vengono fatte cambia da realtà aziendale a realtà aziendale.

Di conseguenze le conoscenze dibase e i meccanismi possono esserci, ma il modo in cui le cose vanno fatte in relazione alle altre persone che lavorano con e per noi è diverso.

Anche il rapporto tra colleghi è importante (e da qui la ricerca di un certo tipo di soft skill) ma a volte questa cosa passa inosservata. Pare che si sta vivendo un certo tipo di evoluzione da questo punto di vista e spero che vada avanti.

Esiste poi il fattore economico: se una persona sa già fare, e magari fa da molto tempo, è cosciente del suo valore monetario e di conseguenza non si approccierà mai ad un’offerta che non rispetti la sua professionalità. Non si può avere la pretesa di pagare una persona 1000 se le sue competenze e le sue abilità valgono 2000 (a meno che questa non lo accetti volontariamente). Cerchiamo di tenerlo a mente.

A questo punto una delle obiezioni che possono nascere è “eh ma se la persona si è candidata volontariamente non può pretendere qualcosa in più!”.

Vero, ma se una persona sta cercando nuove possibilità di sviluppo di carriera è perché sa quanto vale e cosa può portare e se ha scelto voi è perché vi ritiene dei partner che possono ricavare il massimo dalla sua presenza. E poi é quasi certo che così come ha contattato voi ne ha contattati anche altri, che sono i vostri competitor. Considerate anche questo.

Tutte queste informazioni sono quelle che, di base, ha in mente un recruiter quando fa selezione: devo guardare quello che sa fare, come lo fa, perché lo fa ( sapere, saper fare, saper essere ) e nel mentre devo gestire alcune richieste un poco illogiche di chi ci chiede il personale che cerca, appunto la perfezione.

Dicevo che essere perfetti non è un bene per il semplice fatto che la perfezione è un circolo chiuso, è un limite allo sviluppo e all’apprendimento.

Magari il candidato perfetto, per una fortuita congiuntura astrale, lo trovi anche. Ma sarà lo stesso che non si formerà in autonomia e che non cercherà il miglioramento.

Inoltre, la perfezione implica immobilismo e lo sappiamo che le hard skill invecchiano con lo sviluppo del mercato del lavoro e l’aumento delle tecnologie. Quindi sicuramente sarà performante, ma per periodo limitato nel tempo. Ed è qui il nodo gordiano: il tempo di crescita di un dipendente, di un lavoratore, di un collaboratore. Le persone hanno bisogno di tempo per apprendere e fare, è indubbio. Non è possibile pretendere che qualcuno sappia fare tutto immediatamente, cosi come non è possibile pretendere immediati risultati dopo una formazione.

Per tutte le cose serve TEMPO.

Certamente, una persona può essere performante su ciò che già sa fare, ma non è logico pretendere la performance massima su ciò che ancora non sa fare. Ed è qui che scatta il problema: é l’impazienza, il volere tutto e di più il più velocemente possibile. Beh, mi spiace rompervi le uova nel paniere, ma questa non è una cosa fattibile.

Se volete un buon collaboratore, dategli il tempo di crescere con voi, ma non pretendete la perfezione. Perché la perfezione non esiste. La pazienza, quella sì. Eccome

Di MAURO CERNI

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