Pubblichiamo qui un contributo di Alfredina Di Felice (HR Specialist)

Strategie di retention

In un mercato come quello di oggi in cui vi è surplus di manodopera, ma deficit di risorse, è importante per un’azienda investire in un processo di assunzione adeguato e, che porti a risultati tangibili e, concreti, nel minor tempo possibile. Ecco quindi che si parla di una vera e propria Employee Recruitment Strategy – a structured action plan to effectively and efficiently identify talent pools, attract candidates and get the best-fit talent onboard. Dalla definizione da manuale, in ogni caso, va declinata una strategia dinamica che vada ad adattarsi alle esigenze di ogni azienda, ma anche al processo di selezione per il posto vacante del momento, concentrato su caratteristiche ben precise del ruolo in questione. Oltre, ovviamente, alla possibilità di individuare i candidati perfetti, una corretta Employee Recruitmet Strategy porta con sé i seguenti vantaggi: meno costi di tempo e di soldi, so come e dove cercare il candidato perfetto quindi concentro le mie forze su quell’obiettivo ed in quella strada senza disperdere le risorse; se ho chiaro l’obiettivo prenderò decisioni oggettive, so cosa voglio e trovo il modo più efficace per raggiungerlo; dati, dati e ancora dati, dalla raccolta alla riorganizzazione, per tenere traccia di feedback ed eventuali manovre di miglioramento; studio del mercato, se conosco dove mi trovo e, le tendenze del mercato, saprò dove e come cercare nel modo più efficace.

Alcuni esempi di Employee Recruitmet Strategy:

  • Brand it Right – Employer Branding. In questa strategia i candidati e, quindi futuri collaboratori, vengono paragonati, inizialmente, a dei clienti. L’azienda quindi nel suo percorso dovrà costruirsi un’immagine nella quale il candidato voglia “comprare” il bene o servizio offerto dall’azienda, incoraggiando quindi candidature spontanee provenienti da quei clienti-candidati che, apprezzino, l’offerta aziendale sul mercato. Un efficace strategia di vendita di sé, porta anche a questa seconda strategia: be active with the passive, andando a stimolare il nostro candidato perfetto, anche se non sta cercando lavoro, perché soddisfatto del posto attuale o, semplicemente disinteressato.
  • Prefer a Refer. Il classico metodo delle referenze con una novità,  non è una referenza di un precedente datore di lavoro, ma di un attuale dipendente che, presenta “un amico” all’azienda. Questo è efficace e possibile perché, un dipendente felice e partecipe della cultura aziendale, è in grado di scovare e convincere il candidato perfetto.
  • Choose insights over data. Grazie alla presenza di portali on line e, di sistemi di data analysis, vi è la possibilità di scandagliare diversi curriculum vitae in poco tempo, iniziando a preselezionare, sulla carta, i candidati perfetti. A questo si può abbinare la tecnica Know your niche, in cui le risorse prese in considerazione sono sia online che offline.
  • Improve interviews. L’incontro faccia a faccia tra il candidato e l’azienda è il cuore del reclutamento, è un momento in cui ci si può presentare e conoscere uno di fronte all’altro, senza filtri o analisi dati. E’ importante, quindi, che per entrambi sia un’esperienza memorabile, sia per capire se si è fatti l’uno per l’altro, sia per evitare di perdersi il candidato perfetto. Ecco che l’azienda dovrà scegliere una persona adatta per i colloqui, ottimale per quell’azienda in particolare.
  • In ultimo reach for the top shelf: se si vogliono professionalità e, le giuste capacità, si deve mettere in conto di dover pagare un giusto prezzo, ma a lungo termine i costi sostenuti porteranno i loro frutti. Abbinato a ciò, è necessario porre un focus sugli ex-dipendenti, persone già a conoscenza della filosofia aziendale di cui hanno fatto parte e che, se trattati bene nell’uscita, potrebbero ripresentarsi alla nostra porta e, rappresentare il fattore di differenziazione, di cui avevamo bisogno in quel momento.

Casi notevoli di employee retention

Aziende quali Netflix e Starbucks, sono esempi di realtà aziendali dove i dipendenti sono anche clienti: Netflix nasce come azienda di noleggio DVD, ma a causa dell’evoluzione del mercato dei contenuti cinematografici ha dirottato, in un secondo momento, nella creazione del servizio streaming a pagamento. Questo cambio di rotta, come ogni riorganizzazione aziendale, ha portato nel 2001 l’azienda a compiere scelte importanti sul personale dipendente: non si avevano più fondi per tutti i dipendenti presenti, così si è deciso di puntare su coloro considerati delle A, dipendenti e collaboratori con le capacità necessarie e flessibili ad accompagnare l’azienda in questa nuova vita, licenziando gli altri, ma dando loro una generosa buona uscita, un ex-dipendente non deve essere considerato un nemico, la sua conoscenza interna dell’azienda potrebbe portare ad un’importante minaccia al brand stesso, in caso scontro. Da questa esperienza Neflix ha sempre di più spostato la sua attenzione nel ricercare e tenere dipendenti con la filosofia Act in Netflix’s best interests, responsabilizzando il suo personale, dai manager in giù, a sentirsi liberi nel gestire il proprio tempo e le proprie risorse, tenendo sempre presente, però, che l’azienda deve venire al primo posto: puoi andare in ferie quando ti senti di doverlo fare, ma è sottinteso che se si avvicina un’importante scadenza o un importante traguardo per il brand, le tue vacanze andranno rimandate. É compito dei manager, ai diversi livelli, creare team efficienti ed instillare loro la corretta cultura aziendale, attraverso una comunicazione costante dei risultati aziendali. Alla fine i dipendenti, sono i primi shareholders di un’azienda.

Infine il tema stipendio: in Netflix, lo stipendio che un dipendente riceve, può essere o la paga salariale classica, o diminuendo la prima, a favore della ricezione di alcune azioni societarie; è sicuramente un’opzione facoltativa, ma per un datore di lavoro constatare che sei disposto a recepire anche delle azioni, significa sempre più sentirsi parte dell’azienda stessa.

Starbucks, invece, eletto uno dei migliori brand al mondo in cui lavorare, con un tasso di rotazione dei dipendenti tra i più bassi, punta tutto sul mostrare al mondo e ai suoi shareholders i propri valori, in modo chiaro e trasparente, con l’obiettivo di selezionare ed assumere candidati già coinvolti dalla mission aziendale, ancora prima di lavorarci.

Il loro slogan è “Se sei un cliente Starbucks allora condividi i nostri valori e, probabilmente, rappresenti per noi il candidato perfetto”.  I collaboratori sono al primo posto per il brand, tanto che i manager vengono istruiti per incoraggiare e spronare i membri di tutto il team, attraverso, oltre che ad un piano di benefit e premi, la partecipazione a riunioni e decisioni aziendali, coinvolgendo il più possibile ogni membro dell’azienda nel dire la propria, in materia di strategia e di nuovi lanci, il passo da dipendenti a partner, come vengono definiti i collaboratori in Starbucks, è qualcosa di molto significativo. I partner hanno a disposizione piani di welfare aziendale e, la possibilità di seguire corsi di formazione specifici, per implementare le proprie skills e, fare carriera all’interno del brand. L’importanza dell’organico per Starbucks, viene sottolineata ancor di più, dalla presenza di un codice etico molto forte, sia all’assunzione, sia alla permanenza in azienda, un regolamento che non ammette discriminazioni di nessun genere, né tra pari, né da ruoli superiori e, che impone all’azienda, di rispettare le comunità in cui va ad installarsi, prediligendo risorse umane e materiali, locali.

Gli ultimi due esempi sono rappresentati da Apple e da Google, che sul piano “risorse umane” hanno molto in comune.

Il segreto di Apple è quello di saper attrarre e tenere i migliori talenti disponibili e, questo, non solo per una strategia di assunzione efficace, ma soprattutto, per l’attenzione che mette nella costante formazione dei propri dipendenti, in materia di tecnologia ed innovazione. Apple, è molto più del prodotto fisico che offre, è l’innovazione tecnologica, che promuove grazie ai migliori nerd che ha in organico. Il rimanere a lavorare in Apple è un desiderio che i dipendenti hanno, in quanto, oltre ad una buona parte di benefits e welfare, è dovuto allo stimolo che l’azienda stessa trasmette al suo personale: insegna ad essere indipendenti nella gestione del tempo, ma anche nella propria crescita professionale, crea team di progetto che si possano “sfidare”, nella creazione di un nuovo prodotto o servizio, la possibilità di passare di grado, anche da uno stage all’assunzione, solo grazie alle proprie capacità. Il sistema di recruiting, infine, inizia con l’analisi del mercato, competitors compresi, per passare poi alla somministrazione di un pre-test online ai candidati che, se superato, porta alla lettura dei curriculum e, del colloquio vero e proprio. Successivamente, viene espletata anche una prova pratica: un progetto su cui misurarsi e, capire, se si può essere il nuovo uomo o donna Apple.

L’ultimo esempio, ma decisamente non meno importante è quello di Google. L’ormai ex startup della Silicon Valley, è stata eletta da qualche hanno a questa parte, come il posto di lavoro dei sogni, sia per la crescita aziendale esponenziale, sia per il posto fisico: area ricreazione, palestra, asilo, corsi di formazione personalizzati, divertimento. Google ha voluto puntare su di un reparto HR, tra i più efficienti e specializzati al mondo, in grado di assumere esattamente il candidato cercato e che, promuova la sua innovativa visione del lavoro, di inclusione oltre che di collaborazione. Essere un dipendente in Google, significa vedere apprezzata la propria diversità, in quanto fattore in grado di portare ricchezza all’azienda e, vedere ancora di più riconosciuta, anche attraverso un sistema di rimborsi, la voglia di crescere professionalmente e personalmente, con la possibilità di partecipare a dei corsi, organizzati direttamente da Big G. Per quanto riguarda poi l’aspetto “benefits”, oltre che la possibilità di ricevere delle azioni in aggiunta alla propria paga, Google dà la possibilità ai propri dipendenti, di usufruire della palestra e asilo aziendali, avere un orario flessibile e, aderire a programmi di smart working, un’assistenza sanitaria in loco e pasti gratuiti, oltre che al permesso di portare i propri animali domestici in ufficio. Oltre al tema dell’inclusione, Google è l’azienda con il minor turnover femminile del settore, grazie alla favorevole possibilità per le neo mamme di avere 5 mesi di maternità a disposizione; inoltre, è stata imposta una regola innovativa, ma quanto mai rilevante nella gestione del tempo in azienda, la cosiddetta 70/20/10 rule: fatto 100 il tempo trascorso in azienda, il 70% è il normale lavoro, il 20% è il lavoro dedicato a nuovi progetti e sviluppi e, il 10%, è il lavoro fatto per trovare nuove idee.

Tale regola non rende vita facile ai manager, a cui è imposto un continuo coinvolgimento dei dipendenti nel processo decisionale, i dipendenti non sono il male, al contrario senza di loro l’azienda non potrebbe operare. Da tutti questi casi è emerso, sicuramente, come il mondo del lavoro e delle gerarchie aziendali si stia trasformando da verticale ad orizzontale, con una leadership più vicina ai dipendenti, ormai collaboratori o partner, ed in cui la formazione costante del dipendente, messo al centro, permetta, anche grazie ad una buona dose di reciproca fiducia, la possibilità di rendere il dipendente autonomo nella gestione di tempo e spazio, andando quindi a lavorare per obiettivi e non per ore lavorate.

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