cartella gmail worst case

Sappiamo tutti che la stragrande maggioranza della Agenzie per il Lavoro e Società di Ricerca e Selezione lavorano quotidianamente con etica e professionalità ma ahimè – visto forse l’alto numero di soggetti presenti sul mercato – capita che vi siano società che magari, nella fretta (?), non si preoccupino di salvaguardare minimamente candidati e aziende.

Da questo punto di vista la prudenza non dovrebbe essere mai troppa, le ragioni sono tante, la privacy per prima.

Nonostante tutto ciò a me è capitato di ricevere una newsletter ove si “proattivava” – in maniera nemmeno purtroppo molto velata – un profilo che in quel momento stava lavorando per la stessa azienda in cui lavoravo io, incredibile ma vero!

Ho prontamente segnalato alla società il misfatto ma ormai il pasticcio era stato ben cucinato!

Mi sono chiesto più volte come sia potuto capitare tutto ciò, ma la spiegazione era piuttosto semplice: colloqui (forse) telefonici e di certo non approfonditi, candidati che non vogliono (giustamente) indicare il datore di lavoro attuale, e poca attenzione alle liste di distribuzione a cui inviare le newsletter, e il gioco è fatto.

Ovviamente non ci sono state conseguenze per il dipendente in quanto non era responsabile dell’accaduto, pensava evidentemente che i suoi dati e le sue intenzioni professionali venissero custodite in modo differente, ma questo episodio, quasi incredibile, mi ha fatto capire – se ancora ce ne fosse stata necessità – l’importanza di denunciare pratiche con cui le PERSONE siano considerate solo come prodotti da vendere e comprare.

P.P
HR MANAGER

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