Qui sotto un riepilogo dei principali elementi che caratterizzano il contratto cd “a termine”.

COS’È?

È un contratto di lavoro subordinato che prevede un termine finale del rapporto lavorativo.
Se viene stipulato un contratto a tempo determinato, quindi, il lavoratore è assunto per un periodo di tempo limitato e prestabilito.
Siccome rappresenta un’eccezione alla comune forma dei contratti di lavoro (tempo indeterminato), tale contratto è ammesso solo nei casi, alle condizioni e nei limiti previsti dalla legge.

DOVE SI TROVA LA DISCIPLINA NORMATIVA?

Il contratto a termine è regolato dal d.lgs. 81/2015.
Attenzione, però! Il decreto Dignità 2018 (d.l. 87/2018, convertito con legge n. 96/2018) ha apportato importanti modifiche a tale disciplina.
La normativa post-riforma si applica ai contratti stipulati dopo il 14 luglio 2018 ed alle proroghe e rinnovi intervenuti dopo il 1° novembre 2018.

QUAL È LA DURATA MASSIMA DEL CONTRATTO?

Il contratto a termine può avere una durata massima di 12 mesi (36 mesi prima del decreto Dignità 2018).
Il termine potrà essere esteso fino ad un massimo di 24 mesi, ma solo in determinate situazioni (causali):
·  esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività del datore di lavoro;
·  necessità di sostituzione di altri lavoratori;
·  esigenze connesse ad aumenti temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.

COSA SUCCEDE SE IL CONTRATTO PREVEDE UN TERMINE PIÙ LUNGO?

Se il termine fissato dal contratto, in assenza di causali, supera i 12 mesi, si avrà automaticamente conversione in rapporto a tempo indeterminato dalla data di superamento dei 12 mesi.
Lo stesso avverrà qualora venga superato il limite dei 24 mesi, sia che sia stato stipulato un unico contratto, sia nel caso di successione di più contratti con lo stesso datore di lavoro.

ESISTONO DIVIETI DI ASSUNZIONE A TERMINE?

Si. È vietata, ad esempio, l’assunzione a tempo determinato per sostituire lavoratori in sciopero o da parte di datori di lavoro che non siano in regola con le norme in materia di sicurezza sul lavoro.

È RICHIESTA UNA FORMA PARTICOLARE PER L’INDICAZIONE DEL TERMINE?

Si. La data in cui termina il contratto deve sempre essere indicata per iscritto, altrimenti il contratto si considera a tempo indeterminato (a meno che la durata del rapporto non superi i 12 giorni).

COS’È LA PROROGA DEL CONTRATTO E A QUALI CONDIZIONI È AMMESSA?

La proroga si ha quando, terminato il periodo prefissato, si concorda la prosecuzione del rapporto per un ulteriore periodo senza interruzioni.
Nel corso dei primi 12 mesi il contratto a termine può essere prorogato liberamente.
Successivamente, salve alcune eccezioni, il datore di lavoro può prorogare il contratto solo in presenza di una delle causali e, in ogni caso, il rapporto non può superare i 24 mesi complessivi.
C’è un limite ulteriore: nel rispetto delle causali e dei 24 mesi complessivi, il contratto può essere prorogato al massimo per 4 volte.
Attenzione: se i limiti appena descritti non vengono rispettati, il contratto assumerà la forma del tempo indeterminato!

COS’È IL RINNOVO DEL CONTRATTO E QUALI LIMITI SONO PREVISTI?

Si ha il rinnovo quando il rapporto termina alla data prevista ma poi, decorso un intervallo di tempo, il datore riassume lo stesso lavoratore con un nuovo contratto a tempo determinato.
Salve alcune eccezioni, ciò può avvenire solo se il rinnovo è giustificato da una delle causali.
In più, la successione di contratti non deve superare il limite complessivo dei 24 mesi, altrimenti il contratto si convertirà in rapporto a tempo indeterminato.
La trasformazione in contratto a tempo indeterminato ci sarà anche nel caso in cui l’intervallo di tempo tra i due contratti sia inferiore a 10 giorni (nel caso di scadenza di un contratto a termine di durata fino a 6 mesi) o 20 giorni (dalla scadenza di un contratto di durata superiore).

IL DIPENDENTE CHE ABBIA LAVORATO PRESSO LO STESSO DATORE PER PIÙ DI 6 MESI HA QUALCHE VANTAGGIO SU EVENTUALI ASSUNZIONI A TEMPO INDETERMINATO EFFETTUATE DA QUEST’ULTIMO?

Se il lavoratore ha stipulato uno o più contratti a termine con lo stesso datore di lavoro, la legge gli garantisce il diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato presso quest’ultimo, a patto che il dipendente abbia già esercitato le medesime mansioni per più di 6 mesi.
Attenzione: tale diritto si estingue trascorsi 12 mesi dalla data di cessazione del rapporto a tempo determinato e può essere esercitato solo qualora il lavoratore manifesti per iscritto la sua volontà in tal senso entro 6 mesi dalla cessazione del contratto.

È POSSIBILE RECEDERE DA UN CONTRATTO A TERMINE?

Si, ma solo ad alcune condizioni.
Per sua natura, infatti, il rapporto di lavoro finisce alla data di scadenza prefissata senza necessità di preavviso.
Tuttavia, il licenziamento e le dimissioni pre-termine sono ammessi, senza necessità di preavviso, in presenza di una giusta causa (motivo talmente grave da non permettere la prosecuzione del rapporto) o in caso di mancato superamento del periodo di prova.
Se invece, al di fuori di questi casi, il lavoratore decide di recedere prima del termine, il datore può chiedergli il risarcimento del danno.
Allo stesso modo, se il datore licenzia il dipendente senza giusta causa prima della scadenza del termine, il lavoratore avrà diritto al risarcimento del danno.
In ogni caso, le parti potranno sempre cercare un accordo al fine di interrompere il rapporto lavorativo in via anticipata.

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