Il datore di lavoro può installare delle telecamere nascoste, senza informare i dipendenti, qualora abbia il sospetto che questi lo stiano derubando e se le perdite subite per la loro condotta siano ingenti.
È quanto ha stabilito la Grand Chamber della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) con sentenza il 17 ottobre 2019 sui ricorsi 1874/13 e 8567/13.
Il direttore di un supermercato spagnolo, nel marzo 2009, rapportando le vendite agli stock in magazzino, aveva notato delle incongruenze e da un’ulteriore analisi rivelava delle perdite negli incassi per oltre 80.000 euro nell’arco di cinque mesi. Decideva, allora, di far installare alcune telecamere a circuito chiuso, sia visibili (direzionate verso gli ingressi) informandone i lavoratori, sia nascoste (direzionate verso le casse) senza darne notizia al personale. Proprio queste ultime – pur essendo attivate per soli 10 giorni – evidenziarono una serie di furti di merci da parte del personale che portarono a 14 lettere di licenziamento per motivi disciplinari tra cassieri o addetti alle vendite.
I licenziamenti impugnati venivano considerati legittimi dalla giustizia spagnola. Tuttavia, alcuni ex dipendenti decidevano di ricorrere alla Corte di Strasburgo, in quanto la normativa iberica prevede che il personale deve essere informato della presenza di sistemi di videosorveglianza, chiedendo di riconoscere una violazione dell’art. 8 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo che tutela la vita privata e familiare.
Con la sentenza in commento, i Giudici della Corte Europea hanno stabilito che i colleghi spagnoli, chiamati a decidere la legittimità dei licenziamenti, hanno «attentamente bilanciato» i diritti dei dipendenti sospettati di furto e quelli del datore di lavoro, effettuando un esame approfondito delle ragioni della videosorveglianza. Ritengono corretta l’interpretazione secondo cui la dovuta informativa al personale poteva essere omessa in presenza del «ragionevole sospetto» di una grave colpa dei lavoratori e dell’entità del danno che costoro avevano causato all’azienda.
La valutazione dei togati spagnoli, pertanto, non ha travalicato il margine di apprezzamento discrezionale loro concesso laddove ha considerato, rispetto ai diritti di privacy dei lavoratori, proporzionato il breve (soli 10 giorni) monitoraggio occulto del datore effettuato in zone dell’azienda aperte al pubblico. Per la CEDU il livello di privacy che un dipendente può legittimamente attendersi dipende anche dalla posizione. Questo, infatti, risulta essere molto elevato in luoghi privati quali, a titolo puramente esemplificativo, servizi igienici o guardaroba, dove vi è un divieto assoluto di videosorveglianza; elevato in spazi di lavoro ristretti (uffici), dove può essere giustificato; inferiore, negli spazi di lavoro visibili o accessibili ai colleghi o al pubblico in generale.
Il Garante Italiano della Privacy ha avuto modo di commentare la sentenza della CEDU condividendone i principi, pur tenendo a sottolineare come la pronuncia non avalli una sorta di liberalizzazione del monitoraggio occulto dei dipendenti. Evidenzia, infatti, che <>. Pertanto, il principio di proporzionalità e non eccedenza rimane centrale nella protezione dei dati personali.
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