LICENZIAMENTO E IMPUGNAZIONE: E’ SUFFICIENTE LA SOLA SOTTOSCRIZIONE DEL DIFENSORE?
L’impugnazione del licenziamento è un momento alquanto delicato, in quanto sottostà a precisi vincoli temporali e di forma che, se non rispettati, vanificano lo scopo della comunicazione stessa.
Vediamoli in breve, per poi verificare, partendo dall’analisi di una recente sentenza della Corte di Cassazione, il caso particolare in cui l’impugnazione sia sottoscritta soltanto dal difensore del dipendente.
1) Il licenziamento e i termini per impugnare
Il datore di lavoro, qualora voglia recedere da un rapporto a tempo indeterminato sussistente con un proprio dipendente, può farlo, ma ad una condizione: che sussista un giustificato motivo ovvero una giusta causa di recesso.
Ciò, ad eccezione del rapporto di lavoro con un dirigente, o con un lavoratore domestico, in quanto in questi casi è ammesso il recesso “ad nutum”.
Il dipendente, una volta che abbia ricevuto la lettera di recesso (che dovrà rivestire obbligatoriamente la forma scritta, a pena di nullità), qualora ritenga che non sussiste un giustificato motivo (oggettivo o soggettivo) o una giusta causa di licenziamento, deve rispettare i seguenti termini per poter contestare il contenuto del provvedimento espulsivo irrogato dal datore di lavoro (art. 6, comma 1, L. 604/1966):
- Entro 60 giorni dalla ricezione o notifica della lettera di licenziamento, il dipendente deve impugnare il recesso in via stragiudiziale;
- Nei successivi 180 giorni, deve depositare il ricorso giudiziale nella cancelleria del Tribunale competente;
- Il termine di 180 giorni, peraltro, decorre dal giorno in cui l’impugnativa stragiudiziale è stata inoltrata (cfr. Cassazione, sezione lavoro, n. 12352 del 17.05.2017).
2) I requisiti di forma dell’impugnazione: la sottoscrizione da parte del lavoratore
Come si deve predisporre, materialmente, la lettera di impugnazione?
Com’è noto tale atto, quale negozio giuridico unilaterale recettizio dispositivo, deve giungere a conoscenza del datore di lavoro per produrre i suoi effetti. E, con riguardo alla forma, la Cassazione è granitica nel ritenere che il licenziamento può essere impugnato con qualsiasi atto scritto, purchè idoneo a manifestare al datore di lavoro, indipendentemente dalla terminologia usata e senza necessità di formule sacramentali, la volontà del lavoratore di contestare la validità e l’efficacia del licenziamento (ex plurimis, cfr. Cass. n. 2200/1999; Cass. n. 7405/1994).
In concreto, per regola generale, e soprattutto per evitare qualsiasi tipo di contestazione quando si andrà a depositare successivamente il ricorso in sede giudiziale, è sempre bene indicare i motivi di impugnazione all’interno di una comunicazione scritta, che verrà sottoscritta dal lavoratore (o da solo o unitamente al proprio difensore) e verrà inoltrata con raccomandata a/r, per avere la prova dell’avvenuta consegna.
Se, ad esempio, sottoscriviamo la lettera di impugnazione, ma la inoltriamo via pec senza apporre la firma digitale, potrebbero invece sollevarci l’eccezione relativa alla mancanza di firma autografa e ritenere che siamo decaduti dal poter impugnare il recesso.
Cfr. ad esempio, sul punto, T. Palermo sez. lav., 28/10/2020, in cui il Giudice ha affermato che, anzitutto, “la scansione dell’impugnazione cartacea può avere la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui è estratta nei seguenti casi: 1) se ad essa è apposta una firma digitale o elettronica qualificata o elettronica avanzata dal lavoratore e/o dal difensore (giusto il richiamo operato dal comma 1 dell’art. 22 D.Lgs. n. 82/2005 all’art. 20 comma 1 bis primo periodo D.Lgs. cit.); in tale caso, infatti, l’atto scansionato acquista natura di “documento informatico”; 2) se è accompagnata da valida attestazione di conformità di un notaio o di altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato, secondo le regole stabilite ai sensi dell’art. 71 D.Lgs. n. 82/2005 (art. 22, comma 2, D.Lgs. n. 82/2005) ; 3) se è stata formata in origine su supporto analogico nel rispetto delle regole tecniche di cui all’art. 71 D.Lgs. 82/2005 e la sua conformità all’originale non è espressamente disconosciuta (art. 22, comma 3, D.Lgs. n. 82/2005)”.
Però poiché nel caso di specie l’atto cartaceo scansionato non era sottoscritto dal lavoratore e/o difensore nè digitalmente nè elettronicamente, e non era dotato di alcuna attestazione di conformità nei termini richiesti dalla legge, né ancora era stato formato nel rispetto delle linee guida AGID (richiamate dal citato art. 71 D.Lgs. 82/2005), il Giudice ha ritenuto che la trasmissione al datore di lavoro, tramite la pec del difensore, di una scansione di una comunicazione cartacea di impugnativa di licenziamento non fosse idonea ad impedire la decadenza ex art. 6 l. n. 604/1966.
Cfr. altresì sul punto T. Monza 29/1/2020, il quale ha rilevato che “la procedura di trasmissione mediante PEC da parte del difensore si limita a certificare l’avvenuta spedizione e ricezione della comunicazione, con conseguente individuazione sia del mittente che del destinatario, ma non può certificare la conformità degli atti allegati”.
3) La sentenza della Cassazione civile sez. lav., 13/04/2021 n. 9650 e la sottoscrizione dell’impugnazione da parte del solo difensore.
Fermo restando che conviene, per ora, attenersi a quanto indicato, e quindi inoltrare una raccomandata sottoscritta con firma autografa da parte del dipendente per essere certi di non incorrere in decadenze, o al più una pec che sia anche firmata digitalmente dal lavoratore, è in ogni caso interessante analizzare una recentissima sentenza della Cassazione proprio sul tema della forma dell’impugnazione e della necessarietà o meno della sottoscrizione del dipendente.
I giudici di legittimità sono stati chiamati a statuire su una decisione della Corte di Appello di Catanzaro, del 2/3/2018, che a conferma del giudizio di primo grado, ha respinto il ricorso promosso da una dipendente volto ad ottenere la declaratoria della nullità del termine apposto al contratto intercorso tra le parti, per inefficacia della impugnativa stragiudiziale sottoscritta soltanto dai legali della lavoratrice.
Nell’impugnativa, in particolare, i legali avevano dichiarato “di scrivere l’atto in questione, in nome, per conto e nell’interesse della Sig.ra D.R. e di intervenire nella vicenda in forza di mandato all’uopo conferito loro”, ma il Tribunale e la Corte d’Appello hanno ritenuto tale formulazione insufficiente a conferire efficacia all’atto.
La Corte di Cassazione, ravvisando diversi orientamenti in ordine alla questione giuridica posta dal motivo di impugnazione, ha rimesso la causa alla Quarta sezione per la trattazione in udienza pubblica e, dando continuità a quanto già affermato nella sentenza dei giudici di legittimità n. 16416 del 2019, si è così espressa: - Per l’impugnativa (del licenziamento ovvero del contratto a termine) è richiesta la forma scritta ad substantiam;
- Essa può essere posta in essere dal lavoratore o dall’associazione sindacale, cui quest’ultimo aderisca, in forza del potere di rappresentanza previsto ex lege dall’art. 6 citato, ovvero da un terzo rappresentante del lavoratore munito di specifica procura scritta;
- il terzo, ancorchè avvocato o procuratore legale, può anche essere sprovvisto di procura ma, in tale caso, il suo operato deve essere successivamente ratificato dal lavoratore e sempre che tale ratifica rivesta la forma scritta e – come l’impugnativa – sia comunicata o notificata al datore di lavoro prima della scadenza del termine di decadenza;
- ove, invece, il terzo sia munito di idonea procura, la Cassazione ha rilevato che “L’impugnativa stragiudiziale L. n. 604 del 1966, ex art. 6, comma 1, può efficacemente essere eseguita in nome e per conto del lavoratore dal suo difensore previamente munito di apposita procura scritta, senza che il suddetto rappresentante debba comunicarla o documentarla al datore di lavoro nel termine di sessanta giorni, perchè, ferma la necessaria anteriorità della procura, è sufficiente che il difensore manifesti di agire in nome e per conto del proprio assistito e dichiari di avere ricevuto apposito mandato; il datore di lavoro convenuto in giudizio può contestare l’idoneità dell’impugnativa stragiudiziale sottoscritta dal solo difensore, anche se in precedenza non si sia avvalso della facoltà a lui concessa dall’art. 1393 c.c.”.
In tal caso, pertanto, occorrerà poter dimostrare che sia stata rilasciata dal lavoratore una procura scritta rilasciata al legale che impugna il licenziamento, e che essa sia stata conferita in data anteriore all’impugnazione medesima. Avv. PhD Giorgia Barberis